Commissione redigente: un organo di dubbia costituzionalità.

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I “saggi” insediati da Napolitano, con l’autorevole opinione dissenziente del prof. Valerio Onida, hanno deliberato la costituzione di una Commissione redigente mista formata, su base proporzionale, da parlamentari e non parlamentari, alla quale il neo presidente del Consiglio Enrico letta attribuisce l’appellativo di “Convenzione”.

Il Premier infatti nel discorso della fiducia ha ripescato il tema della riforme costituzionali ed ha riproposto, quasi negli stessi termini, l’idea partorita dalla testa dei saggi incaricati dal Presidente Napolitano, del gruppo di lavoro sulle riforme istituzionali. Così si è espresso Letta: “Al fine di sottrarre la discussione sulla riforma della Carta fondamentale alle fisiologiche contrapposizioni del dibattito contingente, sarebbe bene che il Parlamento adottasse le sue decisioni sulla base delle proposte formulate da una Convenzione, aperta alla partecipazione anche di autorevoli esperti non parlamentari e che parta dai risultati della attività parlamentare della scorsa legislatura e dalle conclusioni del Comitato di saggi istituito dal Presidente della Repubblica. La Convenzione deve poter avviare subito i propri lavori sulla base degli atti di indirizzo del Parlamento, in attesa che le procedure per un provvedimento Costituzionale possano compiersi”.

Ma il potere di revisione costituzionale non è un potere costituente (instaurare un nuovo potere costituente significa fare una rivoluzione), bensì un potere costituito, incardinato nella regola dell’art. 138 che garantisce la sicurezza della Costituzione disciplinando la sua revisione attraverso un procedimento legislativo aggravato e differente rispetto ai normali procedimenti legislativi. Con questa regola viene garantita la rigidità della Costituzione e viene impedito che maggioranze politiche contingenti possano disporre della Costituzione a proprio piacimento come avveniva con lo Statuto Albertino.

Chiaramente la polemica tra i partiti non si placa ed il capitolo «convenzione» si somma ora a quello sull’ Imu allungando la lista degli ostacoli cui deve far fronte il governo Letta, alle sue prime mosse. La polemica nasce soprattutto dal fatto che Berlusconi ne rivendica la presidenza, e sono tante le voci che vedrebbero quantomeno inopportuno un suo intervento diretto sulla costituzione.

Se la Convenzione per le riforme non parte entro il mese di giugno”, avverte Maroni “credo che la sorte del governo Letta sia segnata” quindi “meglio tornare al voto” Secondo il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando invece “è importante che ognuno abbia il senso della misura”. E “alcune proposte non corrispondono all’esigenza di una pacificazione”. Una chiara allusione alla candidatura del Cavaliere che nel Pdl, invece, descrivono determinato a non mollare. Ma dal Pd non si attenua il fuoco di fila su questa ipotesi e infatti per Walter Veltroni “se proprio si vuole fare la convenzione deve essere guidata da un uomo che abbia equilibrio e terzietà. Non mi pare il profilo di Berlusconi”.

Ma non sono le polemiche tra i partiti sulla convenzione il punto principale; il punto è costituito proprio dall’esistenza di una commissione del genere.

La cosiddetta Convenzione introdurrebbe un procedimento di revisione non previsto allargando le maglie dell’art. 138 Cost. e farebbe passare nel senso comune l’idea che la costituzione stessa sia un ferro vecchio che deve essere radicalmente revisionato. Questa Convenzione rischierebbe di innescare un processo costituente. Si prospetta quindi una nuova emergenza costituzionale. La Costituzione è in pericolo: viene delegittimata attraverso l’uso disinvolto di procedure di revisione non consentite dall’ordinamento.

La sintesi della questione è individuata molto bene dal costituzionalista Stefano Rodotà che dichiara:“La Convenzione è un cattivo servizio alla politica costituzionale, esattamente all’opposto di quello che si dovrebbe fare: rimettere al centro dell’attenzione il Parlamento”. Rodotà spiega che non è vero che il Parlamento non è in grado di fare riforme costituzionale. Ha già riformato il Titolo V della Costituzione, l’articolo 81, il processo penale. E quando Berlusconi ha voluto approvare una riforma istituzionale lo ha fatto. Poi ,” conclude, “ci sono stati 16 milioni di cittadini che gli hanno detto di no”.

Rodotà non risparmia neanche il Pd: Vedo un grave rischio di implosione. Si apre un vuoto pericoloso e c’è un grande problema nel partito, frutto della politica di questi anni”.

Sacrosanta centralità al parlamento dunque, altrimenti inutile parlare di repubblica parlamentare; chiaro, semplice, ovvio.

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